
L’aria nel villaggio di Rincón era densa, impregnata dall’umidità accumulata dopo la pioggia. Le strade, coperte di ciottoli scivolosi, sembravano sussurrare storie di tempi passati, mentre le vecchie case di legno si ergevano come guardiani silenziosi. Clara, una giovane nuova arrivata, aveva cercato rifugio in questo luogo dopo la morte di sua madre, ma con il passare dei giorni, cominciò a sentire che il villaggio non era così accogliente come sembrava.
Spesso si trovava a camminare lungo il sentiero che portava alla foresta, attratta da un impulso oscuro che non riusciva a spiegare. Gli abitanti del paese evitavano quel luogo, sussurrando di ombre che si muovevano tra gli alberi e voci che echeggiavano nella notte. Ma Clara era scettica; credeva che la superstizione fosse solo un modo per controllare le persone. Tuttavia, ogni volta che si avvicinava alla foresta, la sensazione di essere osservata si intensificava.
Un pomeriggio, mentre passeggiava, scoprì una vecchia capanna coperta di edera. La porta era socchiusa e un freddo gelido la avvolse mentre si avvicinava. La curiosità sopraffece il suo istinto di cautela e varcò la soglia. L’interno era in rovina, con mobili coperti di polvere e ragnatele, ma ciò che catturò maggiormente la sua attenzione fu un vecchio specchio, situato in un angolo, circondato da ombre.
Avvicinandosi, notò qualcosa di strano nel suo riflesso. Non solo vedeva la sua immagine, ma un’ombra scura si stagliava dietro di lei sulla superficie lucida. Clara si voltò, ma non c’era nessuno. Il disagio crebbe dentro di lei e decise di lasciare la capanna. Tuttavia, mentre si allontanava, sentì un sussurro che chiamava il suo nome. “Clara.”
Il panico la prese. Corse verso casa, sentendo il respiro gelido dell’ombra dietro di lei. Quella notte, gli incubi la tormentavano. Una figura indistinta la seguiva nell’oscurità, il suo volto un caos di lineamenti distorti. Clara si svegliò urlando, sentendo che qualcosa era cambiato nella sua vita.
Col passare del tempo, l’ombra cominciò a manifestarsi nella sua vita quotidiana. Sentiva risate e pianti, a volte anche voci familiari, ma svanivano sempre quando cercava di avvicinarsi. I vicini cominciarono a mormorare sul suo stato, e Clara sentì come la solitudine la avvolgesse, come se l’ombra si nutrisse anche della sua angoscia.
Determinata a porre fine all’incubo, tornò alla capanna in cerca di risposte. All’arrivo, lo specchio la stava aspettando, e nel suo riflesso, l’ombra era più prominente, come se stesse cercando di comunicare. Clara si avvicinò, e la voce risuonò di nuovo, questa volta più chiara: “Vieni da me.”
Senza esitare, toccò lo specchio. In un istante, la capanna svanì e si ritrovò in un paesaggio desolato. Figure scure danzavano in lontananza e la sensazione di essere osservata si intensificava. Tra di esse, Clara riconobbe sua madre, il suo volto pallido e privo di vita. La figura si avvicinò, e Clara sentì un immenso amore, ma anche un terrore indescrivibile.
“Clara, vieni,” disse sua madre, allungando la mano. Intrappolata tra il desiderio di riunirsi e la paura dell’ignoto, Clara esitò. Fu allora che capì che l’ombra non era solo un’eco del suo dolore, ma un riflesso delle sue stesse paure. Dietro ogni figura c’era una storia, una perdita, un lamento per ciò che non è mai stato.
La terra tremò e le ombre cominciarono a strisciare verso di lei. In un momento di chiarezza, Clara si rese conto che doveva affrontare il suo dolore. Chiuse gli occhi e si concentrò, liberando il peso del suo dolore, permettendo all’ombra di avvolgerla. In quel momento, la figura di sua madre svanì, lasciandola sola nell’oscurità.
Quando aprì gli occhi, si ritrovò di nuovo nella capanna, di fronte allo specchio. L’ombra non c’era più, ma Clara sentì una pace inaspettata. Aveva liberato il passato, ma quando guardò il suo riflesso, si rese conto di non essere sola. Nel vetro, un’ombra nuova si formò dietro di lei, più definita e scura che mai. Anche se aveva affrontato il suo dolore, sapeva che l’ombra del passato non l’avrebbe mai completamente abbandonata. A volte, l’oscurità non riguarda l’uscire, ma l’imparare a vivere con essa.